Dopo una accurata ricerca condotta nel corso del 2020, da parte dell’Unione degli Istriani, si è dimostrata la sua artata realizzazione per essere inserito nella corposa documentazione predisposta accuratamente da parte jugoslava per la conferenza della pace di Parigi, ed ancora prima consegnata alla Commissione interalleata venuta a Pisino nel 1946, allo scopo di rafforzare le tesi annessionistiche slave che avevano bisogno di demonizzare l’Italia.Non esiste alcun originale di questo ciclostilato, in nessuno degli archivi storici in Italia, Slovenia, Croazia e Serbia, e nonostante questo il falso venne per decenni spacciato per vero, anche sulle pubblicazioni italiane.Come confermato dal professor Raoul Pupo, la prima e unica riproduzione che si ritrova è a pag. 152 di una pubblicazione anonima di materiali di propaganda stampata a Belgrado nel 1952, “Istra i slovensko primorje” il titolo, che sappiamo – perché dichiarato dallo stesso mons. Božo Milanović – contiene documentazione di carattere prettamente propagandistico, senza alcun valore scientifico.Sempre lo stesso Pupo ha fatto sapere che il manifesto venne consegnato dal comunista Erminio Vivoda, alla fine della Seconda guerra mondiale, a Ivan Motika, il famigerato “Boia di Pisino”, pubblico accusatore e giudice infoibatore, e utilizzato, come già precisato, come fonte di propaganda per la commissione interalleata venuta in Istria nel 1946 per verificare la composizione etnica della regione contesa. Importante è stato il ritrovamento negli archivi della testimonianza, contenuta in un diario di memorie, di un italiano di Rovigno, Stefano Rocco, detto ‘Steo’, classe 1928, esule in Australia dove concluse i suoi giorni terreni nel 2008. Un personaggio molto noto tra i suoi concittadini. Si tratta di un corposo plico di studi storici e testimonianze personali del Rocco, che in buona parte erano stati pubblicati negli anni novanta sulla nostra rivista ‘La Voce della Famìa Ruvignisa‘; ma nel fascicolo ci sono alcuni passi inediti, tra cui quello che riguarda tale questione.Alla fine della guerra, allora 17enne, Rocco viene arrestato dagli jugoslavi, in quanto amico intimo di alcuni ragazzi accusati di propaganda filoitaliana. Noto per sue attività teatrali, viene invitato dalle istituzioni comuniste a organizzare una rappresentazione; un po’ per paura e un po’ per poter applicare la sua passione per il teatro, accetta. Deve creare un manifesto per promuovere il suo spettacolo, e nella tipografia del paese vede un volantino, che anni dopo lo stesso Rocco riconoscerà come il volantino di Dignano. Si nota che il manifesto per lo spettacolo teatrale organizzato da Steo Rocco usa gli stessi caratteri del famoso manifesto di Dignano. Scrive nelle sue memorie: “sopra un telaio avevano una bozza di un altro manifesto appena composto. Mi piacque l’intestata che usava quei caratteri Ars Deco, anni Trenta, che tra l’altro erano i soli disponibili nella tipografia, quindi Nino (un amico, ndr) ed io decidemmo per lo stesso stile. Veggian, quel compositore, ci disse che aveva appena messo assieme quel manifesto per una certa propaganda da farsi per tutta l’Istria, a Fiume e a Trieste. Quel manifesto come stava era un falso che avrebbero usato per denigrare l’Italia e gli Istriani e chiamarci oppressori di fronte al mondo’. Siamo nell’autunno del 1945 e poco dopo il documento sarà portato a Parigi per essere usato nelle trattative di pace”.