Legge slovena dei Torti: agli Esuli verranno negati molti risarcimenti

Nell’ambito dei risarcimenti previsti dalla Legge dei Torti, dal mese di agosto il Ministero della Giustizia sloveno ha applicato il Memorandum di Londra del 1954, introducendo una variante che riguarda tutti i profughi istriani, fiumani dalmati, che si siano serviti  del permesso d’uscita rilasciato dalle autorità jugoslave nei territori dell’ex Jugoslavia. Tali permessi sono tutt’oggi negli Archivi di Stato della Repubblica di Slovenia: si tratta di liste di nominativi a nucleo familiare con annesso un elenco di beni che i profughi avevano chiesto di portare con loro. Con tale permesso il profugo diventa “esule” e dunque non più persona costretta a  fuggire dalla sua terra come il “profugo”, cioè colui che è dovuto scappare dalle proprie terre.

In pratica, intere famiglie sono esodate in Italia con il permesso di via, cioè un documento dove vi erano anche scritte tutti i beni che avevano chiesto e  portato con sé: grazie a questo foglio i nostri connazionali potevano poi chiedere la carta d’identità ed i documenti necessari per lavorare e stabilizzarsi, mentre oggi per Lubiana si tratta di un’attestazione dello status di optante (come se tale opzione fosse stata esercitata liberamente e non per fuggire da un clima persecutorio nei confronti del gruppo nazionale di appartenenza) e non di profugo.

Dunque molte istanze inviate dal 2015 al Ministero della Giustizia di Lubiana, non ancora evase, saranno respinte se i richiedenti risulteranno possessori  del permesso d’uscita dai territori appartenenti all’ex Jugoslavia ora facenti parte della Repubblica slovena.

Il Memorandum d’intesa di Londra fu un accordo sottoscritto il 5 ottobre 1954 fra i governi d’Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, concernente il regime di amministrazione provvisoria del Territorio Libero di Trieste (TLT), previsto dall’allegato VII del trattato di Parigi (10 febbraio 1947).

Il trattato di Parigi disponeva la perdita automatica della cittadinanza per tutti i cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in territorio ceduto dall’Italia ad un altro Stato e per i loro figli nati dopo quella data, fatta salva la facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del trattato stesso. Si dava inoltre facoltà allo Stato al quale il territorio era ceduto di esigere il trasferimento in Italia dei cittadini che avessero esercitato l’opzione suddetta, entro un ulteriore anno. Tale clausola, di cui la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia si avvalse, determinò il fenomeno dell’esodo giuliano dalmata dell’immediato dopoguerra. Lo Stato al quale i territori erano stati ceduti, tuttavia, avrebbe dovuto assicurare il godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese la libertà di espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione a tutti i residenti nel territorio stesso.

 

Federica Cocolo
Vice Presidente Ancas Contro gli Abusi &Soprusi
Referente all’assistenza dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e del Comitato provinciale di Trieste